È di pochi giorni fa l’annuncio di Google riguardante il prossimo lancio di MUM, il Multitask Unified Model, una tecnologia che promette di servire risultati ancora più ricchi che in passato in risposta a query di elevata complessità, trasformando il motore di ricerca nel tuo tuttologo di fiducia.
Ripartiamo dunque da dove ci aveva lasciati BERT e vediamo insieme quali sono le principali novità che fanno parlare di MUM come di una vera rivoluzione dell’intelligenza artificiale di Google e cosa possiamo aspettarci dalle SERP del prossimo futuro.
Riassunto delle puntate precedenti: come ci ha cambiati BERT
L’introduzione di BERT nel 2019 è stata, per Google e i suoi utenti, l’equivalente di un portale di accesso a Narnia, perché ha fornito un’infrastruttura in grado di dare, interpretando il linguaggio naturale dei Sapiens del 21° secolo, risposte rilevanti a domande di elevata complessità. Cogliendo la sfida posta dalla mole crescente di query effettuate, in particolare, tramite la Voice Search, Google ha applicato alle ricerche degli utenti un modello di linguistica computazionale non più basato sulla frequenza e le occorrenze dei termini usati all’interno di un testo, ma di tipo bidirezionale, capace quindi di analizzare tutte le parole presenti all’interno di un testo e connetterle le une alle altre.
In sostanza, quindi, BERT ha reso possibile al motore di ricerca di funzionare in un modo simile a quello con cui il cervello umano estrapola il significato dal significante sulla base del contesto. A un matching puramente testuale fra query e risultato, BERT ha dunque sostituito un matching di carattere contestuale, più rispondente a esigenze di ricerca di maggiore complessità. Vendicando così, en passant, intere schiere di copywriter costretti da anni a scrivere contenuti SEO-friendly anziché human-friendly.
I limiti di BERT e il potenziale di MUM
All’epoca dell’uscita di BERT, molti hanno pensato che la missione di Google su questa Terra fosse terminata. Cos’altro rimaneva da fare? In realtà molto. A Mountain View si sono infatti resi conto che il nuovo modello non rendeva conto di una dimensione importante della ricerca online: le Long Form Question, ossia tutte quelle domande che non possono trovare risposta in un unico link o snippet, ma richiedono numerosi passaggi consecutivi, corrispondenti ai microargomenti e relative microricerche che compongono un macroargomento principale. Uno spreco di tempo che Google non era disposto ad accettare.
È qui che entra in gioco MUM, che Google stesso definisce come la nuova pietra miliare dell’intelligenza artificiale per comprendere informazioni. Come BERT, anche MUM si basa su un’architettura Transformer, quella che permette di stabilire relazioni tra parole (o parti di una parola in un testo) in maniera bidirezionale, ma è, a quanto dicono da Mountain View, 1000 volte più potente. L’acronimo sta per Multitask Unified Model e il suo scopo è presto detto: sintetizzare le informazioni provenienti da tutto il web per fornire risposte coerenti alle domande più complicate degli utenti in un unico “knowledge panel”.
MUM in azione: un esempio pratico
Per spiegare il funzionamento di MUM, in uno slancio di ottimismo che, visti i tempi correnti, non esitiamo a definire eroico, Google presenta l’esempio di un escursionista che, dopo aver scalato Mount Adams nello stato di Washington, fresco di vaccino anti-Covid e sventolando con arroganza il suo green pass, decida di prenotare un volo per l’autunno successivo per cimentarsi nella scalata del monte Fuji, in Giappone. Il nostro alquanto atipico americano si chiederà: come posso prepararmi a questa nuova sfida? Avrò bisogno di un allenamento diverso, di abbigliamento specifico? Dovrò affrontare condizioni climatiche inaspettate?
A cose normali, trovare una risposta a queste domande richiederebbe numerosi momenti distinti di ricerca: dovremmo confrontare le caratteristiche delle due montagne, documentarci sul clima del paese e i microclimi del monte Fuji, consultare le opinioni di chi ha già fatto la stessa esperienza prima di noi, capire di quali strumenti e allenamento potremmo avere bisogno, verificare la presenza di strutture ricettive e le attrazioni da non perdere. Nell’idea di Google, lo scopo d MUM è proprio condensare, in un unico risultato, tutto ciò: la risposta alla vita, l’universo e tutto quanto. Coerente con la tendenza di Google a raggruppare il maggior numero possibile di informazioni direttamente in SERP, MUM rappresenta un’ulteriore presa di distanza dall’idea tradizionale di ranking inteso come corrispondenza semantica secca fra keyword (o anche gruppo di keyword) e pagina.
I vantaggi offerti dal Multitask Unified Model di Google
Per quanto sia ipotizzabile che la prima raccolta dati sia avvenuta sulla base del traffico statunitense, per poter usufruire delle spettacolose potenzialità di MUM non bisognerà essere in possesso di un C2 di inglese. Google ci fa sapere infatti che il nuovo modello sarà in grado di trasferire informazioni da una lingua all’altra, a prescindere dall’idioma con cui è stata effettuata la ricerca. Ciò significa avere accesso, tramite l’intelligenza artificiale di Google, anche a quelle informazioni che di norma sono esclusivo appannaggio di chi ha la fortuna di saper parlare altre lingue e dunque accedere senza intermediari alle fonti primarie, portando il Verbo ai rozzi monolingui.
Non solo: MUM è anche multimodale, in grado cioè di attingere a contenuti di vario tipo – pagine web, immagini, video, altro – simultaneamente. Cosa significa? Immagina di fare una foto ai tuoi scarponcini Decathlon Primo Prezzo e chiedere a Google se vadano bene per scalare il monte Fuji: in un futuro non remoto, il motore di ricerca sarà in grado di dare una risposta a un quesito effettuato tramite questa modalità (e presumibilmente anche indicarti come investire più saggiamente i tuoi soldi).
Il nuovo algoritmo fra perplessità e criticismi
MUM di nome e di fatto, il nuovo algoritmo scodellerà insomma all’utente un piatto già pronto, calibrato in tutti i suoi nutrienti, potremmo dire anche quasi già digerito. Ed è proprio su questo punto che si imperniano le maggiori critiche al nuovo algoritmo, che rischia sicuramente di rosicchiare via una buona fetta di traffico web (e quindi revenue) a chi vende o fa informazione online accentrando ancora di più in SERP le risposte fornite agli utenti.
L’altra preoccupazione intorno a MUM è di carattere ambientale: sostenere fisicamente un modello di questo tipo, infatti, richiederebbe il consumo di centinaia di migliaia di kilowatt, anche se Google ha già messo le mani avanti dicendo che si assicurerà di mettere in campo le migliori tecnologie possibili per ridurre la propria impronta ambientale – quali esse siano, al momento, non è dato sapere.
C’è infine inquietudine per i risvolti etici dell’applicazione di un’intelligenza artificiale che ridurrà ancora di più lo spazio lasciato alla libera interpretazione e al pensiero critico di chi cerca online. Per quanto sia presto per giudicare, non potendo ancora valutare il funzionamento di MUM in azione, si tratta certamente di preoccupazioni legittime, vista anche la storia del motore di ricerca, che Google dovrà indirizzare in maniera più meticolosa di quanto ci abbia abituati finora con i suoi blog post e tweet acriticamente entusiasti.