C’è aria di cambiamenti – e cambiamenti certo non di poco conto – in casa Google. Ottobre 2021 segna infatti l’inizio di una nuova era per gli inserzionisti Google Ads, con la decisione di rendere i modelli di attribuzione basata sui dati il modello utilizzato di default su tutti gli account. Per quanto questa impostazione sarà, in un momento iniziale, puramente un default che non escluderà dunque la possibilità di ricorrere a modelli alternativi, la direzione tracciata da Google è quella di renderla, con il tempo, lo standard per tutti. Analizziamo meglio le motivazioni e le conseguenze di tale decisione in questo approfondimento del nostro blog.
I metodi di attribuzione delle conversioni: modelli “classici” a confronto
Come la proverbiale strada per l’inferno, anche quella verso la conversione è lastricata di buone intenzioni: varie sono le tentazioni a cui resistiamo e che contribuiscono a farci, infine, capitolare acquistando quel paio di scarpe che ci ha perseguitati prima in SERP, poi negli annunci Display, infine nelle inserzioni YouTube, insomma da diritto e da rovescio.
Dalla parte dell’inserzionista si pone qui una questione spinosa: quale di questi innumerevoli diavoli tentatori ringraziare per la conversione ricevuta? Quale ricompensa dare a ognuno di loro? E come ottimizzare i miei annunci e i percorsi di conversione affinché diventino sempre più brevi e di sempre maggior successo?
A questo proposito, esistono 5 modelli “classici” di attribuzione dei dati: i primi due assegnano tutto il merito della conversione o all’ultimo clic o al primo clic; il terzo lo distribuisce equamente fra tutte le interazioni facenti parte del funnel (modello lineare), mentre il quarto alle interazioni verificatesi più a ridosso della conversione (modello basato su decadimento temporale); il quinto modello, infine, assegna rispettivamente il 40% del valore della conversione alla prima e all’ultima interazione e il 20% alle restanti interazioni (attribuzione in base alla posizione).
In cosa si distingue il modello di attribuzione basata sui dati?
Il sesto cavaliere dell’apocalisse, il modello di attribuzione basata sui dati (data-driven), si distingue invece dai precedenti per il fatto che si tratta di un modello integrato, in grado di valutare tutte le interazioni – inclusi clic e coinvolgimento video – e soppesare il loro specifico contributo ai fini della conversione. Grazie al calcolo delle probabilità, questo modello ti permette di sapere se un determinato tipo di annuncio, e una determinata parola chiave, che non rappresentano il clic finale dei tuoi utenti prima della conversione, sono presenti nei percorsi che nella maggior parte dei casi portano alla conversioni. Il loro valore sarà dunque, in proporzione, molto alto.
Questo modello, basato sul machine learning, permette di accedere, anche in presenza di cookie e nel rispetto delle impostazioni sulla privacy dei tuoi utenti, a un vero tesoro di informazioni che riguardano il comportamento di navigazione e che possono rispondere in maniera decisamente più ottimale alle tue esigenze di marketing (soprattutto in considerazione delle future evoluzioni riguardanti i cookie di terze parti di cui abbiamo parlato qui). Anche perché questo modello di attribuzione prende in esame fattori aggiuntivi quali il formato dell’annuncio e l’intervallo di tempo trascorso fra interazione e conversione, il tutto per fornire un quadro ancora più accurato del valore dei tuoi annunci e parole chiave.
Chi ha sperimentato questi modelli, specialmente se in combinazione con l’aggiustamento automatico delle offerte, riporta di aver registrato significative riduzioni del costo per lead e un aumento delle conversioni incrementali.
Cosa cambia adesso e perché ne parliamo
Finora era possibile accedere all’attribuzione basata su dati solo in presenza di alcuni specifici requisiti; era infatti necessario aver ricevuto almeno:
- 000 interazioni con i propri annunci nelle reti supportate;
- un’azione di conversione con almeno 300 conversioni nell’arco di 30 giorni.
La funzionalità era dunque accessibile solo in presenza di grandi volumi di dati. All’alba dell’ottobre 2021, questo limite viene adesso rimosso per consentire a tutti gli inserzionisti, a prescindere dai numeri registrati dai loro account, di beneficiare di un modello estremamente più efficace di attribuzione e migliorare, attraverso di esso, le performance delle proprie campagne. Il modello data-driven diventa così per tutti lo standard di riferimento: per un periodo di tempo limitato in affiancamento ai metodi più classici, in seguito si tratterà invece dell’unico metodo disponibile. Cosa ne ottiene in cambio Google? Va da sé: statistiche, preziose statistiche.
Il modello, che si nutre di dati che provengono da Search, Shopping, rete Display e YouTube, sarà presto in grado di elaborare e analizzare anche altri tipi di conversioni, come quelle realizzate all’interno di app per dispositivi mobili e addirittura conversioni offline. Il rollout inizierà per l’appunto questo mese per terminare, nelle intenzioni di Google, all’inizio del 2022.