Rendersi conto che esiste un problema e identificarne correttamente l’impatto e la causa sono due tappe fondamentali per migliorare un prodotto e far crescere un business. Molto spesso, però, la strada che le separa non è così semplice e richiede sforzi aggiuntivi.
Pensiamo al caso di un responsabile marketing che si trovi davanti a risultati deludenti dopo il lancio del nuovo e-commerce: tassi di conversione e revenue in calo, utenti che si bloccano in alcuni punti del funnel, contenuti rilevanti che vengono ignorati. Formulare ipotesi e soluzioni alternative è l’inevitabile passo successivo, ma come capire con certezza dove sta il problema?
L’esperienza e l’intuito possono suggerire risposte plausibili (e in qualche caso corrette), ma solamente i nostri utenti possono fornirci le reali ragioni di una UX insoddisfacente e non in grado di generare un ritorno in termini di conversioni e revenue. Lo user testing, tra le varie attività che fanno parte della CRO, serve proprio a questo: indagare dubbi e percezioni di chi visita il nostro sito per identificare quegli elementi che portano a esitazioni, blocchi o ripensamenti.
Capire il problema che blocca l’utente e come risolverlo
Nell’armamentario della user research i test di usabilità con gli utenti hanno una funzione peculiare: consentono di indagare i comportamenti e le preferenze di un campione significativo di utenti mentre utilizzano un prodotto. Per far questo vengono reclutati partecipanti in linea con il target e coinvolti in sessioni di test 1v1, durante le quali un ricercatore-moderatore chiede loro di effettuare delle operazioni tipiche con l’interfaccia che si vuole analizzare: nel caso di un e-commerce, esempio, viene simulato il processo di ricerca di un prodotto e di check-out.
Nell’era dei big data e dell’intelligenza artificiale affidarsi a un piccolo campione di persone per ottenere insight può sembrare limitativo, ma rispetto agli altri metodi di ricerca lo user testing permette di passare al lato qualitativo dell’analisi attraverso l’individuazione delle ragioni che soggiacciono ai problemi di usabilità o di design. Se infatti è relativamente facile identificare attraverso i dati, i funnel e le heatmap la presenza di un comportamento anomalo o di un elemento che blocca l’utente (e tale processo, attraverso l’AI, è sempre più automatizzato), non lo è altrettanto capire perché il problema si verifica e con quale soluzione risolverlo. In alcuni casi le risposte a queste domande possono arrivare dall’esperienza del ricercatore UX o dello specialista CRO, ma il rischio di bad assumptions è sempre dietro l’angolo, specialmente per servizi rivolti a un’audience di nicchia o per scenari d’uso complessi oppure poco quotidiani (ad esempio, l’acquisto di un nuovo set di pneumatici). Ascoltare l’utente, indagare le sue frustrazioni e comprendere quali siano le sue esigenze e aspettative rappresentano quindi passaggi non aggirabili nella costruzione di un prodotto migliore.
Quando e come svolgere un test con gli utenti
I test con gli utenti si rivelano utili in diverse fasi dello sviluppo di un prodotto:
- possono servire a validare un prototipo – anche grezzo – nella fase di progettazione
- danno modo di realizzare benchmark di usabilità tra competitor (ad esempio, il tuo sito e quello di un concorrente)
- consentono di scoprire i problemi prima di un redesign sostanziale per risolverli o non ripeterli
- in un processo iterativo di design permettono una ottimizzazione incrementale se utilizzati al termine di ciascun ciclo
- permettono di evidenziare bug o problemi prima della messa in produzione
La dimensione del campione di utenti da reclutare dipende dagli obiettivi della ricerca. Nel caso in cui lo scopo sia esclusivamente quello di identificare la presenza di problemi di usabilità – in questo caso si parla di test formativi – il numero “magico” è quello indicato da un famoso studio di Jakob Nielsen: con soli 5 utenti si è in grado di identificare l’85% dei problemi che impattano almeno sul 31% degli utenti, cioè quasi un utilizzatore finale su tre. Servono invece 18 partecipanti per poter avere la stessa possibilità sui problemi che colpiscono almeno un utente su 10.
Reclutare tra i 5 e i 10 utenti per una singola sessione di test dà dunque modo di esplorare la totalità dei problemi che affligge la maggior parte degli utilizzatori. In un processo iterativo di design è comunque raccomandabile impiegare il budget per svolgere più cicli di test con il numero minimo di partecipanti. Diverso è, invece, il discorso legato ai test sommativi, cioè quelli che consentono di misurare con attendibilità statistica le performance di un design. Per raggiungere questo obiettivo occorre reclutare un numero molto più alto di individui: se si vuole, ad esempio, esser sicuri al 95% del tempo medio di compilazione di un form (con un margine di errore del 15%) servono almeno 40 partecipanti.
Altri vantaggi (e qualche svantaggio) dello user testing
I test di usabilità richiedono allo UX researcher una particolare cura nella progettazione della ricerca, nella stesura dei task da sottoporre ai partecipanti e nello svolgimento delle sessioni. Il ricercatore deve tener in conto il rischio di bias cognitivi che possono influenzare l’impostazione del test e l’esame dei risultati. Su tutti, il bias di conferma è quello più frequente e insidioso: il ricercatore, che parte sempre da ipotesi sui problemi dell’interfaccia, potrebbe essere portato a influenzare lo svolgimento e l’analisi della ricerca per rinforzare – anche inconsciamente – le interpretazioni o il giudizio che ha già formulato sul problema. Se la traccia e la conduzione del test sono tese a ridurre al minimo l’impatto di questi bias la ricerca può rilevarsi ricca di insight. Lo user testing può infatti far emergere pattern ed evidenze molto più profondi di semplici malfunzionamenti di un’interfaccia, come ad esempio:
- strategie di utilizzo e di navigazione dell’utente diverse da quelle immaginate dal designer
- esigenze d’uso e requisiti non presi in considerazione
- abitudini e preferenze dell’utilizzatore tipico
Ci sono ovviamente dei limiti e degli aspetti da tenere in considerazione per svolgere un test con gli utenti. In primo luogo, per quanto il ricercatore possa essere bravo a ricostruire uno scenario d’uso tipico e a proporlo a un partecipante durante il test, l’osservazione dei comportamenti non avviene nel contesto di un naturale uso del prodotto (come nel caso dell’AB testing o della web analytics) ma è basato su una simulazione svolta in un laboratorio. Il budget e i tempi di preparazione e analisi di una ricerca con gli utenti, inoltre, sono tendenzialmente più alti di altri metodi. La possibilità di svolgere le sessioni da remoto e l’utilizzo di software specializzati possono però limitare costi e tempi.
Test da remoto o in laboratorio: quali differenze?
In epoca di distanziamento sociale la realizzazione di test da remoto, che prima rappresentava una semplice opzione, è diventata una scelta quasi obbligata, almeno nel breve-medio periodo. L’ambiente del laboratorio di ricerca è la soluzione più tradizionale per lo svolgimento di uno user test e offre diversi vantaggi: dalla possibilità di allestire una stanza che azzeri le distrazioni dell’utente a quella di osservare più facilmente le emozioni e le reazioni del partecipante durante la sessione, fino agli aspetti tecnici che risultano più facili da gestire.
I test da remoto prevedono, invece, che il partecipante utilizzi il proprio device per collegarsi. Il test può essere svolto in presenza del ricercatore che somministra i task (si parla di test moderato) oppure in autonomia dal partecipante, che viene guidato nel processo da un software che gli mostra i vari compiti da portare a termine (test non moderato). Oltre agli aspetti organizzativi e tecnici da tenere in considerazione, è tipicamente più difficile poter tenere alta per un lungo tempo (i test possono durare fino ad un’ora) l’attenzione dell’utente se collegato da remoto, ma questa modalità è particolarmente adatta per abbattere costi e problemi di logistica e rende possibile reclutare utenti potenziali anche in città e nazioni diverse.
Come integrare lo user testing nel processo di ottimizzazione
Quando ricorrere allo user testing, dunque, e come integrare questo strumento all’interno del processo di sviluppo di un prodotto digitale? Il suo impiego dipende da quanto rapidamente evolve e si modifica la sua UX. Prima di un redesign radicale di un sito web ha senso eseguire un paio di test: il primo per mappare le criticità della versione esistente e il secondo per verificare l’efficacia del nuovo design prima del go live, con l’obiettivo di scovare bug e fix minori. In uno scenario in cui il design e le funzionalità del sito si modificano in maniera incrementale e molto velocemente è opportuno, invece, testare con gli utenti le modifiche più impattanti prima del passaggio in produzione e, comunque, effettuare un test complessivo almeno una volta l’anno. In questo modo si eviterà che tante modifiche possano compromettere la coerenza della UX del sito e l’efficienza dei processi di navigazione e conversione.