Questo mese, nel nostro Digest, trovi tanto cibo con cui nutrire la tua mente da SEO Specialist. Leggi i nostri consigli per ottimizzare i tuoi contenuti web seguendo le ultime evoluzioni del motore di ricerca: ci concentreremo in particolare sulla prevenzione dello spam, le ricerche vocali e la gestione dell’interlinking.
Update luglio 2021: come capire i cambi di SERP
Google ha annunciato di aver completato il roll-out del nuovo aggiornamento lo scorso 12 luglio. Come raccontavamo nell’articolo dedicato sul nostro blog, la particolarità del nuovo update è stata soprattutto il suo seguire a stretto giro ben due aggiornamenti dedicati alla lotta anti-spam. È soprattutto alla luce di questo che sono dunque state raccolte le prime osservazioni in merito agli effetti del nuovo aggiornamento Google in SERP. La comunità SEO pare in particolare concordare sul fatto che i siti che facevano uso di pratiche off-page in linea con le best practice Google abbiano visto i propri posizionamenti rimanere stabili. Un altro cambiamento che è stato osservato è il sostanziale parallelismo fra i cali di posizioni registrati per gli stessi siti web, con circa una settimana di differenza, su Google Search e Google Images.
Nel frattempo, sul blog di Google è stata da poco pubblicata una piccola guida all’interpretazione dei cali di traffico a cui rifarsi in ogni futuro periodo post-update. L’idea è infatti quella di fornire punti di riferimento validi universalmente per interpretare le ragioni delle perdite di traffico improvvise. L’articolo distingue, esemplificandole anche graficamente, 5 principali cause di cali di traffico (problemi tecnici, problemi di sicurezza, azioni manuali da parte del team di Google, cambi di algoritmo, cambiamenti nelle abitudini/interessi di ricerca) e fornisce indicazioni utili per analizzare i dati GSC, in particolare:
- Utilizzare un intervallo di date di 16 mesi per capire se il calo si riproponga stagionalmente o meno.
- Verificare se il calo si sia verificato solo per ricerche, URL, paesi, dispositivi specifici o trasversalmente a essi.
- Analizzare separatamente diversi tipi di ricerca.
Relativamente al primo punto, un aiuto ulteriore può venire da Google Trends: attraverso questo strumento, infatti, possiamo analizzare le fluttuazioni nell’interesse degli utenti, isolatamente a paesi o periodi specifici, attorno a determinati prodotti o argomenti. Comparando questi dati con quelli di GSC, è possibile sia comprendere se un calo sia dovuto a motivi stagionali, sia prepararsi a periodi “caldi” per determinate query andando a pubblicare sul proprio sito contenuti ad hoc prima che le relative ricerche salgano.
Ultimamente Google sta anche testando un’estensione del pannello “about this result” con la quale puoi consultare la lista dei fattori in base ai quali ogni risultato ha ottenuto la sua posizione in SERP. Di questa novità parleremo nel prossimo approfondimento sul nostro blog: stay tuned.
A.I. e ottimizzazione dei video in SERP
Buone nuove per chi lavora con i contenuti video. Il motore di ricerca ha reso più facile ottimizzarli, e dunque posizionarli in SERP, anche se caricati un sito esterno a YouTube. Questa piattaforma aveva infatti potuto sfruttare una corsia preferenziale fino ad ora: se con YouTube era sufficiente aggiungere i timestamp alla descrizione di un video per marcare i suoi momenti-chiave, permettendo agli utenti di saltare direttamente a segmenti di video specifici, sugli altri siti era necessario etichettare manualmente tali segmenti uno per uno. Adesso è possibile evitare questo estenuante lavoro semplicemente comunicando a Google un pattern URL (ad es.: http://www.pippo.com/video-pluto?t=30) che permetta agli utenti di saltare a un timestamp specifico all’interno del video.
Google sfrutterà la propria intelligenza artificiale per identificare i momenti-chiave del video e far comparire link diretti verso di essi all’interno dei risultati di ricerca attraverso una funzione chiamata SeekToAction, annunciata qualche mese fa al Google I/O e in beta da allora. Per sfruttare questa funzionalità, bisogna ricordare di inserire alcuni dati strutturati specifici all’interno del proprio sito: in particolare, il markup VideoObject nella pagina in cui gli utenti possono guardare il video e il markup SeekToAction su ogni pagina video dove si desidera che Google rilevi momenti-chiave. Google specifica inoltre una durata minima del video: 30 secondi.
Qui puoi consultare la documentazione sui markup SeekToAction, ma se lo desideri puoi continuare a utilizzare i vecchi markup di tipo Clip.
Link interni e redirect: come gestirli a regola d’arte
Qualunque SEO che si rispetti conosce l’importanza di una buona rete di link interni: è vero che in termini di ranking non hanno lo stesso peso dei link esterni, ma hanno comunque un discreto valore perché contribuiscono a far capire a Google l’organizzazione logica e semantica di un sito. Come spiegato di recente da John Mueller, tuttavia, non bisogna farsi sfuggire la mano: troppi link interni sulla stessa pagina possono diventare controproducenti, riducendo il valore stesso della pagina.
È chiaro infatti che se tutto è collegato a tutto, Google non è più in grado di capire quale sia la struttura del sito, e che cosa sia più importante di cos’altro. Mueller consiglia dunque di creare una struttura di link interni che rispecchi il più possibile la struttura generale del sito, dove la home riveste maggiore peso rispetto alle categorie, che ne hanno di più rispetto alla pagina contatti e così via.
In caso tu voglia ripulire i tuoi link interni, potresti approfittarne per rivedere anche i tuoi vecchi redirect. Ti sarà capitato prima o poi di avere un cliente attanagliato dall’ansia di rimuovere il prima possibile i 301 creati dopo una migrazione, quasi come un ospite un po’ puzzolente accampato in soggiorno da troppo tempo. Ebbene Google, tramite la persona di Gary Illyes, ha detto – in maniera in verità piuttosto confusa – che il segnale passato attraverso un redirect 301 rimane per sempre, anche dopo che il redirect è stato rimosso. Per sicurezza, però, meglio aspettare un annetto dal momento in cui il redirect è stato scansionato da Googlebot la prima volta prima di rimuoverlo.
Perché adesso è il momento di ottimizzare il tuo sito per la Voice Search
Gli ultimi due anni hanno fatto spuntare a tutti noi nuovi capelli bianchi, oltre a renderci assetati di informazione, di comunicazione, il più rapida e indolore possibile. Forse è questo il motivo per cui il suddetto periodo ha segnato una vera e propria impennata delle ricerche effettuate tramite Voice Search, utilizzata adesso dal 27% degli utenti mondiali.
Oggi come oggi, dunque, ottimizzare un sito, specialmente un e-commerce, per questo tipo di ricerche, significa attirare più visitatori, ottenere posizionamenti migliori e, conseguentemente, migliori guadagni. Ma come si ottimizza un sito per le ricerche vocali? I pilastri sono fondamentalmente tre: ricerche di tipo “domanda” (quelle che iniziano con “chi”/”perché”/”dove”/”cosa”/”come”), keyword a coda lunga e keyword conversazionali.
Come individuarle? Per quanto riguarda la prima categoria, puoi affidarti ai suggerimenti di Google stesso sulle ricerche correlate (comprese quelle che si trovano nel nuovo formato carosello sperimentato di recente dal motore di ricerca). La stessa logica può essere adottata per le long-tail, le quali sono “responsabili” peraltro di circa il 70% dell’intero traffico web, ma al contempo più facili in termini di posizionamento perché meno competitive. Quanto alla terza categoria di parole chiave, questa porta con sé un unico e fondamentale consiglio: scrivere nel modo più naturale possibile. Queste keyword corrispondono infatti al modo in cui interagiamo con gli altri esseri umani nel mondo reale e che riflettiamo spesso anche nelle nostre interazioni con l’assistente vocale. Bando dunque al gergo tecnico, ai toni seriosi, al linguaggio più involuto.
Va da sé che, parlando di ricerche effettuate da smartphone, UX e velocità di navigazione del sito rivestiranno un ruolo-chiave nel posizionamento per ricerche vocali, ancor più che per qualsiasi altro tipo di ricerca. Dato che poi molte di queste ricerche sono legate a esigenze locali, è fondamentale curare attentamente, oltre che i contenuti del proprio sito web, anche quelli presenti sulle schede di Google My Business in modo che risultino pertinenti rispetto alle query degli utenti.
Notizie flash di agosto dal mondo della ricerca
Concludiamo il Digest di agosto con alcune piccole curiosità sul mondo della ricerca:
- Google ha modificato il modo di individuare i Soft 404: desktop e mobile vengono adesso presi in considerazione separatamente, ma Search Console riporta unicamente i dati del mobile.
- Una risposta alla domanda “perché GSC fornisce risultati spesso discordanti rispetto a ciò che appare in SERP?”: il motivo risiede nelle specificità di ogni utente, dunque nelle sue personalizzazioni di ricerca, nella geolocalizzazione, e anche nelle fluttuazioni del centro dati di riferimento.
- Dopo 5 anni, Google ha dismesso l’etichetta AMP per le pagine mostrate nei risultati di ricerca mobile. Il simbolo verrà forse sostituito, in un prossimo futuro, da un altro legato alla Page Experience, seguendo gli ultimi aggiornamenti dell’algoritmo di Google.